Silvia Federici, Caccia alle streghe, guerra alle donne
La storia non è solo lo sfondo dell’azione, ma anche una forza che la anima. In particolare nei momenti liminali, che segnano il passaggio da un’epoca all’altra. La letteratura sul ruolo della donna, delle donne, nella liberazione è vastissima e dettagliata – i rimandi sono potenzialmente infiniti. Eppure c’è un dettaglio, una frase, che suggerisce impressionisticamente un percorso parallelo, poco battuto, quasi una deviazione, ma, come tale, di inaspettata rilevanza.
Segreta era la condizione per potersi ritagliare uno spazio nella vita sociale. Una condizione di codici e linguaggi che creano e vengono simultaneamente creati da una comunità. Se la donna, nel momento di rottura che è stata la liberazione, ha potuto ridefinire il proprio ruolo nella società lo ha fatto sottraendosi da una condizione di marginalizzazione che veniva data per naturale, ma che è in realtà stata naturalizzata con la violenza. Infatti è proprio una rottura nell’ordine sociale a segnare questa possibilità. E questo è possibile anche grazie al segreto, ai codici, a un linguaggio comunitario, lo stesso linguaggio che secoli prima aveva reso possibile alle donne difendere il proprio ruolo nella società. Silvia Federici in Caccia alle streghe, guerra alle donne dedica un capitolo al significato di gossip: originariamente affine a “padrino/madrina” col tempo inizia a indicare le relazioni di natura amicale ed emotiva che legavano le donne nell’Inghilterra premoderna. E, così come riappropriarsi del segreto, del linguaggio privato, per la liberazione ha significato poter riconquistare indipendenza, allo stesso modo, sopprimere quel segreto ha portato all’esclusione:(Ibidem). Non rispondere, non trovare un nuovo inizio negli altri, per gli altri, sottostare alla tirannia, restare cristallizzati nell’essere che ci viene imposto vuol dire deperire. Sfiorire.
“Attribuire un significato denigrante al termine che indicava l’amicizia tra donne è servito a distruggere le forme di socialità femminile prevalenti nel Medioevo, quando la gran parte delle attività femminili erano di natura collettiva e – quantomeno negli strati sociali inferiori – le donne formavano una compatta comunità fonte di una forza ineguagliata nell’era moderna.
S. Federici, Caccia alle streghe, guerra alle donne, Nero, Roma 2020, p. 67.
La storia della liberazione riverbera infinite altre storie di liberazione femminile, colpevolmente dimenticate o nascoste. Sfiorire ne racconta una, che al suo interno le racchiude tutte. Privare della parola vuol dire privare della conoscenza – nutrire la parola, la memoria, anche con il segreto, vuol dire poter divenire, creare il proprio mondo.
“Etichettare tutta questa produzione di sapere come «gossip/pettegolezzo» dimostra una volontà di svilire le donne […] È così che le donne sono state silenziate e sono rimaste escluse fino ai giorni nostri da molti dei luoghi in cui le decisioni vengono prese, private della possibilità di definire da sé la propria esperienza, costrette a subire la misoginia maschile o i ritratti idealizzati di se stesse che la misoginia produce. Oggi, però, ci stiamo riappropriando del nostro sapere. Come una donna ha recentemente spiegato durante un incontro sul significato della stregoneria, la cosa magica è che «sappiamo di sapere».
Ivi., pp. 79-80.